11 - conclusione
Al mattino aiuto Jim, per
quanto possibile, a ripulire la macchina,
e ci salutiamo ripromettendoci di incontrarci
ancora casualmente per altre pagaiate.
Parto per cominciare il viaggio di ritorno
programmando una sosta a Buzet per acquistare
un po' di vino e mi dirigo a sud per visitare
la cittadella fortificata di Blaye, sull'altra
riva della Gironde.
La grande cittadella, costruita da Vauban
alla fine del 1600, è la meglio conservata
di un sistema di tre fortificazioni che
controllavano l'accesso alla Gironde.
Una si trova sull'altra sponda ed una
piccola (chiamata Paté, di forma tonda
come uno sformatino di paté) su un'isoletta
fra le due sponde.
La fortificazione ha mura molto ben conservate,
con enormi bastioni angolari. All'interno
ha una piccola città ora utilizzata con
ristoranti, brasserie, locali pubblici
ed un campeggio! proprio nei giardini
interni. Possibile che non si potesse
trovare un altro posto per un campeggio
che non in un edificio storico? Vedere
tende e gente in braghette entrare ed
uscire dalla cittadella non è molto bello.
Il percorso di ronda, quasi tutto percorribile,
costituisce un buon punto di vista della
Gironde e della città di Blaye con parecchi
edifici in pietra.
La città è sviluppata più all'interno
che sul porto canale, con una serie di
piccoli ristoranti nelle vie pedonali
e, cosa strana, non si vede un campanile.
Tutte le cittadine francesi attraversate
finora, anche le più piccole, avevano
il loro bel campanile in pietra, mentre
qui dalle mura si vede solo la torretta
del municipio.
Scopro l'arcano andando a visitare la
chiesa, effettivamente senza campanile
e neanche molto interessante, e leggendo
su un depliant informativo che Vauban,
quando ha costruito la cittadella, non
voleva impedimenti alla visuale per i
colpi di cannone anche verso le campagne,
così il campanile è rimasto tronco e mai
più ricostruito.
Torno con il traghetto a prendere la macchina
per fare una puntata al Bassin d'Arcachon
fermandomi prima a dare un'occhiata al
lago piccolo di Lacanau.
Effettivamente mi rendo conto di come
i nostri laghi siano molto più interessanti,
forse meno mantenuti nello stato vergine,
più costruiti ma comunque più piacevoli
da girare in acqua per le diverse vedute
che offrono.
Questi laghi hanno rive molto piatte,
alte solo verso l'Oceano con fitte foreste
di pini e paludi o prati erbosi dall'altra
parte, senza emergenze interessanti o
paesi che non siano insediamenti turistici.
In compenso ci sono alcune strade che
attraversano le immense pinete che sono
splendide, scorrevoli e circondate da
foreste di conifere.
Un capitolo a parte meritano le piste
ciclabili; ce ne sono un'infinità e collegano
tutte le zone all'interno di questa grande
foresta di pinete. Organizzate molto bene,
con doppie corsie, svincoli e soprattutto
ben segnalate agli incroci con le strade
carrabili.
Sono rimasto ad aspettare il tramonto
sull'Oceano che, per la mancanza di nuvole
in cielo, non si è colorato come mi aspettavo.
Comunque attendendo il tramonto ad Hourtin
Plage mi sono reso conto di alcune cose
che forse, per alcuni, costituiscono l'attrattiva
dell'Oceano: la consapevolezza che oltre
a questa massa d'acqua, nell'immediato,
non ci sia più nulla se non acqua. Mentre
sul Mediterraneo, quando non si vedono
isole all'orizzonte si sa sempre che al
di là c'è ancora qualcuno raggiungibile
in pochi giorni di viaggio.
Forse una sicurezza, forse una debolezza
di chi ha bisogno di sentirsi in un ambiente
chiuso, come può essere chiuso l'ambiente
Mediterraneo.
L'Oceano con bassa marea
D'altronde le grandi civiltà si sono sviluppate
intorno a questo mare, ambiente anche
più riparato da grandi stravolgimenti
metereologici, dalle maree che molta importanza
hanno nella preparazione alla navigazione
e nella previsione degli scali.
Il Mediterraneo, con le sue tempeste,
i suoi venti regionali dominanti, sembrerebbe
essere un mare domestico, più facile,
più immediato rispetto all'immenso Oceano.
Ma sono solo ragionamenti di fine vacanza
di un uomo di terra, interessato alla
vita di mare ed invidioso di chi può fare
questa vita, più per scelta che per necessità.
Sono rimasto impressionato comunque, vedendo
il tramonto, da questa immensità di orizzonte
occupato dall'Oceano a destra e sinistra,
da questa spiaggia enorme, profonda che
mi fa venire in mente le nostre adriatiche
se non fosse per le grandi onde solo da
surfare o da giocarci a riva quando si
infrangono, e le impressionanti muraglie
di sabbia che si pongono a baluardo fra
l'Oceano e la terraferma.
Sono spiagge non alla dimensione umana;
l'impressione è la stessa di quando si
passa sotto i portici di vecchi paesi
medievali, portici bassi e raccolti dove
ci si sente protetti dalle intemperie
come nell'intenzione dei costruttori,
oppure sotto i moderni portici alti due
piani come nel centro delle grandi città,
fuori scala, dove, personalmente, non
fa piacere passare per la freddezza che
esprimono.
Così vedendo la spiaggia oceanica dall'alto
delle muraglie sabbiose da cui si accede,
si nota la presenza di centinaia di persone
come formiche distribuite sulla spiaggia
ed in acqua, completamente fuori scala
rispetto alle baiette mediterranee delimitate
da due punte, magari con isole sullo sfondo,
ben definite.
C'è qualcosa di sfuggevole nell'Oceano,
non si riesce a definirlo entro una baia,
entro due punte, almeno qui nel Medoc,
eppure c'è comunque qualcosa di maestoso,
qualcosa da rispettare.
Ho l'impressione che l'Oceano, con le
sue intemperanze, con la sua potenza e
violenza abbia tenuto sempre a distanza
l'uomo, l'abbia costretto a nascondere
i porti, a proteggerli.
Qui, tutte le località sull'Oceano si
chiamano con il nome del paese situato
all'interno più la parola "plage", come
se l'edificazione fosse avvenuta posteriormente
alla fondazione del paese d'origine.
In effetti questi posti di mare, tranne
alcune vecchie costruzioni ancora in legno,
sono tutti costituiti da edifici nuovi,
dozzinali e facenti parte di quello che
chiamo divertimentificio estivo.
Sono località che vivono solo nel periodo
di massimo afflusso estivo di turisti,
per il resto dell'anno li immagino vuoti,
privi di attrattive in quanto l'unico
elemento che attira il turista è la possibilità
di frequentare l'Oceano nei mesi estivi.
Per cui "sfrutta tutto fin che puoi" sembra
il motto di tutte le attività che attirano
turisti, i vari Jamaica bar, i ristoranti
che offrono mules in tutte le preparazioni.
Sembra proprio di essere nei consumifici
e divertimentifici delle nostre più frequentate
coste. Luoghi dove spremere il turista
che comunque trova ciò che cerca.
Mi sento sicuramente fuori luogo, fuori
età, e rimpiango i calmi porti del Mediterraneo,
quelli che ancora per poco vivono di pesca
e del turismo fanno l'arrotondamento annuale
per vivere un po' meglio. Senza discoteche,
scritte al neon e vaccate varie, ma sembra
che questo sia contro il progresso, contro
il miglioramento dello stile di vita,
contro tutto ciò che la massa vuole ed
è disposta a pagare per avere: un posto
uguale all'altro in ogni posto in cui
vada. Gli stessi divertimenti, stesso
cibo, stesse aspettative.
Dopo aver passato l'ultima notte sull'Oceano
in un campeggio lungo il lago, il mattino
mi dirigo verso il bacino di Arcachon
dove si trova il posto in cui voglio concludere
questo viaggio godendomi una vista dell'Oceano
dall'alto: la Dune du Pilat, cento metri
sul livello del mare (se con alta o bassa
marea non saprei).
Il Bacino d'Arcachon con la duna du Pilat sullo sfondo, visti dal faro di Cap Ferret
Non essendo interessato ad un pranzo a
base di mitili, che siano cozze od ostriche,
e sentendo nelle narici la puzza del bacino
durante la bassa marea, con una congiunzione
sfavorevole di forte riscaldamento solare,
mi dirigo senza esitazioni verso la duna.
Riesco a trovare un posto al parcheggio
a pagamento, neanche fossimo a Disneyland,
e mi faccio strada fra famiglie delle
etnie più disparate, ma soprattutto tante
persone soprappeso che immagino verranno
recuperate dall'insabbiamento nella duna
con un intervento aereo.
Giunto in prossimità della duna mi trovo
di fronte un'erta collina di sabbia punteggiata
di turisti che salgono e scendono. L'ottima
organizzazione turistica francese ha approntato
una via per salire, attraverso una scalinata
di cui non si vede la fine, ed una via
più interessante per discendere, la scivolata
dalla duna con un percorso inclinato quasi
a 45 gradi.
Intraprendo la salita per i gradini con
alzate degne di uno stadio greco e raggiungo
la vetta della duna colpito dal vento
che prima veniva bloccato dalla stessa
e dalla vista incredibile che si apre
sul resto della lunghezza della duna e
dei banchi d'Arguin all'ingresso del bacino
di Arcachon. La giornata ventosa e non
proprio tersa non rende onore alle acque
caraibiche, azzurre e turchesi, intorno
a questi banchi di sabbia.
La duna du Pilat con i banchi d'Arguin sullo sfondo
Bene, mi siedo sulla duna con l'Oceano
negli occhi e ripenso per un attimo al
viaggio compiuto quest'anno e l'anno passato
per giungere dal mare Mediterraneo fino
a qui.
Forse un'idea stupida quella di navigare
un canale per centinaia di chilometri,
per più giorni, in acque non proprio invitanti,
con un caldo insopportabile, con un'imbarcazione
a propulsione umana e con la fatica dei
numerosi trasbordi alle chiuse per finire
poi seduti qui a guardare la meta del
viaggio, l'Oceano, in cui non ho neanche
messo pagaia.
Termine del viaggio sulla duna du Pilat
Non era questo a cui miravo, non l'interesse
di navigare nell'Oceano, ma l'idea iniziale,
quella che mi ha spinto ad intraprendere
il viaggio, la traversata in kayak dal
bacino del Mediterraneo all'Oceano attraversando
il continente europeo, su una via d'acqua
artificiale creata dall'uomo più di trecento
anni fa, solo un viaggio.
L'ho sognato, l'ho preparato, l'ho fatto
e…non vedo l'ora di cominciarne un altro.
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