10 - da Pauillac a Neyran
6 Agosto - 45 km.
Mi sveglio in un mattino gelido, cielo
limpido come nelle fredde giornate di
inverno, si vede il fiato. La tenda è
ricoperta di gocce di rugiada all'esterno
e di condensa all'interno.
Il campeggio è piccolo ma ben sistemato,
tranquillo, fuori dal casino dei paesi
in riva al lago e tenuto da due simpatici
vecchietti di cui lui assomiglia a Jean
Gabin con tanto di sigaretta perennemente
in bocca.
Lascio presto il campeggio per andare
a Pauillac dove mi trovo con Jim, monto
il kayak mentre lui prepara il suo e ci
spostiamo con le due macchine in direzione
di Neyran dove lasciamo la sua in prossimità
del porto canale.
Dopo circa due ore di traffico torniamo
al campeggio, carichiamo i kayak sui carrelli
e ci incamminiamo sulla strada che costeggia
le sponde del fiume per cercare un posto
da cui imbarcarci. Abbiamo in precedenza
ispezionato con esito negativo le sponde
in prossimità del campeggio trovandole
piuttosto fangose e scivolose.
Dopo pochi metri fuori dal campeggio troviamo
una strada sterrata che ci porta ad una
piccola spiaggetta da cui agevolmente
ci infiliamo nel fiume…all'alba delle
13,00, quando avremmo dovuto imbarcarci
alle 9,00. Ci restano solo tre ore di
marea favorevole prima che ricominci a
risalire.
Iniziamo la discesa che per me ha il significato
della conclusione del mio viaggio cominciato
nel mediterraneo, interrotto a Toulouse,
poi ripreso ed interrotto di nuovo a Bordeaux
(decisamente le grandi città continuano
a costituire per me degli ostacoli).
Partenza da Pauillac
Grazie alla somma di corrente e bassa
marea riusciamo a tenere un buon ritmo
di 10 km/h senza particolare fatica.
Riprendo confidenza con l'acqua color
marrone che avevo lasciato giorni fa e
con il paesaggio poco interessante a parte
l'impianto petrolifero della Shell appena
dopo Pauillac, con grandi moli e navi
ferme a fare il pieno; per il resto la
costa si presenta leggermente alta sull'acqua,
con prati e sterpaglie, spiagge di fango
(la marea sta scendendo) e numerosi baracchini
autocostruiti in legno ed utilizzati per
pescare.
Dall'altra parte la bella vista della
centrale nucleare di Blayais e della costa
bassa ed alberata.
Al porto della Shell appena dopo Pauillac
Non ci sono veri e propri porti dopo Pauillac
ma solo canali che entrano nell'entroterra,
in alcuni casi con paesi sulla spiaggia,
in altri con nulla intorno, isolati.
Molte sono le persone che approfittano
della bassa marea per frequentare il fondale
e raccogliere non so cosa in quest'acqua
color marrone.
Il fondale è costituito da una sorta di
fango finissimo che si incolla dappertutto,
ai sandali, alle pagaie quando ne toccano
il fondo e sul kayak, difficile da ripulire;
sembra un misto di fango e Vinavil.
Guardando il fiume di fango è impressionante
come, durante la bassa marea, affiorino
banchi di sabbia inavvicinabili anche
ai kayak perché costituiti di questa fanghiglia
appiccicosa e molle che imprigionerebbe
qualsiasi piede vi si avventurasse.
Le coste si trasformano da scoscese e
verdi in marroni spiagge anche invitanti
se non si sapesse che si tratta di questa
insidia collosa.
Il faro di Richard
Quando giunge l'ora dell'alta marea la
corrente rallenta e comincia a formarsi
un fronte di piccole ondine contrarie
contemporaneamente all'alzarsi di un bel
vento teso che pian piano increspa le
onde. La marea sale e le onde si fanno
più alte, increspate, ed il mare, perché
ormai siamo in piena acqua salata, si
rompe in un esplodere di onde piccole
ma ravvicinate e provenienti da tutte
le parti, il mare peggiore che si possa
affrontare con un kayak corto.
Le onde mi spostano a destra e sinistra,
ma non è tanto questo il problema perché
bene o male si riesce a tenere la direzione,
il problema grosso sono le ondine ravvicinate
frontali che costringono a salire, ricadere
con un tonfo nel loro cavo ed infilarsi
nella prossima onda con conseguente rallentamento
improvviso.
E' come dover riprendere a muoversi da
fermo ogni volta, e ciò comporta uno sforzo
ben maggiore che dover solo mantenere
la velocità acquisita.
Jim ha un Seakayak della Prijon che dall'alto
dei suoi 5 metri con prua molto pronunciata,
riesce a fendere le onde e passarci attraverso
galleggiando fra le due creste con poco
sforzo.
Beh! In conclusione, ci facciamo quasi
20 chilometri con la marea che sale, vento
contrario e onde dappertutto, dalle 16,00
fino alle 21,00, cinque ore da incubo.
Non per il pericolo di non poter sbarcare
od altro ma per la difficoltà e la fatica
per avanzare di pochi chilometri all'ora
(da una media di 10 km/h passiamo a circa
3/4 km/h).
Verso sera, distrutti dalla fatica, passiamo
in un punto, in cui l'acqua è molto bassa
tanto da toccare il fondale con la pagaia,
dove cominciano a saltarci addosso e sui
kayak piccoli pesci argentei. Un momento
che ha rotto la tensione creata dalla
volontà di riuscire a finire questo viaggio
stremante.
Effettivamente non credevo ci potesse
essere tanta vita in un fiume così sfruttato
da scarichi industriali e traffico marittimo
pesante; d'altronde le sue rive costellate
di baracchini con reti da pesca sono la
prova di un'attività molto presente.
Alla fine arriviamo al punto prefissato,
al tramonto e controsole, tanto che non
riusciamo neanche a distinguere il luogo
di sbarco, talmente si è trasformata la
riva nel passaggio dalla bassa all'alta
marea.
Riconosciamo il posto, una volta tramontato
il sole, e troviamo anche il canale nella
palude segnalato con alti pali equidistanti.
Arrivo al tramonto al Port de Neyran
Riusciamo ad uscire dal canale infangandoci
non poco per trovare la macchina di Jim,
una Golf metallizzata, impiastricciata
con manate di questo fango colloso.
Il nostro intento era quello di fermarci
a dormire a le Verdon con sacco a pelo
da qualche parte per poi traghettare il
giorno seguente e vedere la costa e le
grotte sulle scogliere di Royan, ma siamo
rimasti così male di quel fatto, ed io
in particolare talmente distrutto dalle
otto ore consecutive in kayak, da tornarcene
in campeggio a Pauillac.
Ho approfittato dell'enorme tenda di Jim
per dormire nella veranda dopo una cena,
o meglio un'abbuffata di saucisson, pane,
pistacchi e birra appena tirata fuori
dal catino.
La mattina dopo scopriremo che le manate
di fango hanno lasciato delle smerigliate
sulla vernice metallizzata della macchina.
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