9 - Pausa di riflessione
2-5 Agosto
Il paese è un concentrato di produttori vinicoli. Un cartello pubblicitario
riporta almeno una ventina di produttori e la loro ubicazione nei dintorni.
Al porto, un altro cartello riporta alcune notizie storiche da cui apprendo
che il paese fu sviluppato dai romani (sempre loro) che trovarono un piccolo
villaggio presso la sorgente che si vede ancora all'entrata dell'abitato.
Furono proprio i romani, viste le buone condizioni climatiche e del suolo,
ad impiantare le prime viti per poi giungere ai giorni nostri dove le
campagne sono un tappezzamento unico di vitigni.
Vista dal porto verso Portet e le sue vigne
Stanotte, o meglio, ieri sera tardi sentivo nel dormiveglia
voci di bambini che scherzavano. Mi sono svegliato ed ho
trovato l'acqua del fiume vicino alla tenda, ad un braccio
di distanza. Non credendoci, mi sono alzato e mi sono reso
conto che la marea era montata fino quasi a lambire l'area pic-nic.
Arrivando in bassa marea non ci si rende conto realmente a che
livello arrivi poi il fiume quando sale. Certo le infrastrutture
sono progettate calcolando i massimi di marea, sta di fatto
che questa si è fermata a circa una spanna sotto il ponte
che porta al pontile, e comunque dopo che avevo già smontato
e rimontato la tenda trasportandola nel punto più alto dei
giardini del porto.
Sì, perché qui, un pontile, alcune panchine, un cesso,
alcune aiuole ben tenute fanno un porto. Non importa che
il paese disti almeno 500 metri, che abbia un unico negozio
aperto (il panettiere), si chiama sempre porto.
La chiesa di Portet
Comunque una capatina dal panettiere la faccio per forza
in quanto devo procurarmi qualcosa per colazione.
Tornato al porto mi piazzo su uno dei tavolini e comincio
a tirare fuori salame, pane alle noci, pomodori e saccottini
al cioccolato con buona pace delle mie emorroidi che oggi non
ho la fortuna di tenere schiacciate sul seggiolino del kayak.
Devo fare un salto a Bordeaux, prima di continuare in kayak,
per capire e carpire informazioni sui porti della Gironda,
perché se così stanno le cose con la marea, se non ci sono
porti distanti almeno 30 km. con pontili mobili non saprei
come fare per attraccare in bassa marea, oppure vedere se
si può affrontare l'arrivo dell'alta marea, se non ci sono
Mascaret o corrente troppo violenta, per percorrere tratte
più lunghe e raggiungere moli in pietra o scivoli. Inoltre
devo vedere il passaggio sotto ad un ponte dove mi hanno
detto esserci qualche problema di corrente.
Poi, con il temporale di ieri, comincia a cambiare un po'
il tempo, con nuvoloni improvvisi e veloci che portano un
vento forte sollevando belle onde nel fiume…belle ma
piuttosto impegnative trovandosi in acqua.
Mentre mi preparo per andare a prendere il treno per
Bordeaux, facendo mentalmente l'elenco delle cose da
fare, mi accorgo che il carrello ha perso un anello
blocca ruota e che questa per puro caso è rimasta
attaccata. Ecco un altro motivo per prendermi un
giorno di pausa, dovrò cercare qualcosa per aggiustarlo.
Nel frattempo conosco Jean, un musicista di strada di 30
anni che vive su una barchetta in legno comprata usata,
datata almeno 1930 e da rimettere pian piano a posto.
La barca era attraccata al molo quando sono arrivato
ieri ma lui era in giro a suonare.
Mi offre un tè mentre attendo che le nuvolone appena giunte
lascino sperare un ritorno del sereno e mi racconta che
vive fra Bordeaux e Tolosa, tre mesi in barca e poi dove
capita seguendo gli ingaggi che riesce ad avere con il suo gruppo.
Mi avvio alla stazione facendo un altro giro nel paese per
accorgermi che è tutto chiuso, un paese chiuso per ferie.
Giunto a Bordeaux cerco il ponte incriminato per non voler
lasciare passare le imbarcazioni se non con fatica e mi
imbatto in un lungofiume molto scassato, strade a grande
scorrimento che giungono sul lungofiume trasformato
interamente in un gran cantiere; lo stanno sistemando e
la data di fine lavori per la fine del 2004 mi sembra improbabile.
Vedo la Garonne ed il ponte, un bel ponte in mattoni rossi
ad arcate ravvicinate, i cui piloni creano mulinelli non
difficoltosi (bisognerebbe vederli con il massimo della marea).
Sta di fatto che vedo il fiume con la marea che cala, il
momento ideale per discenderlo, e di un color marrone, ma
così marrone che sembra caffelatte; le rive così malmesse,
vecchi pontili, vecchi scali industriali, relitti di imbarcazioni
lasciati in mezzo al fiume da chissà quanto tempo da essere
segnaleti con boe e…fango! Fango dappertutto, sulle rive
erbose, sassose, sui relitti arenati, un fiume di fango.
In questo istante ho deciso di lasciare perdere la conclusione
del percorso iniziato l'anno scorso a Marseillan Plage.
La Garonne a Bordeaux
E' possibile passare dal Mediterraneo all'Oceano Atlantico
in canoa attraverso questa meraviglia tecnica creata dall'uomo
che è il Canale dei Due Mari. Resta il fatto che a Castets
en Dorthe si deve però scendere nella Garonne, elemento
d'acqua che ha perso la caratteristica di verginità e
naturalità del fiume per prendere quella di grande via
d'acqua navigabile e sfruttabile dall'uomo (che per quanto
possa creare, tanto riesce anche a distruggere).
Già a Castets en Dorthe il colore dell'acqua è cambiato dal
verdone al marrone ma, va bene, volevo affrontare la questione
marea e l'ho capita, poi anche le rive, che prima erano sempre
verdi, ora durante la bassa marea si trasformano in coste
scoscese e fangose, scivolose, impossibili da risalire.
Il fiume riassume le sue sembianze durante il momento dell'alta
marea, quando l'acqua raggiunge i prati erbosi e nasconde la
melma di cui però intuisci continuamente la presenza dai
rivoli e gorghi che sbuffano grandi nuvole marroni scure
sulla superficie dell'acqua color caffelatte.
Non è un bel pagaiare, viene la nostalgia delle acqua cristalline
del Mediterraneo o del Ticino, dei fondali che si vedono
scorrere con la velocità del kayak.
Poi c'è anche il problema sicurezza. Già sul fiume si
dovrebbe andare almeno in due (canoe, non due persone
su kayak doppio), poi si sommano le problematiche della
marea, che si risolve stando ai suoi orari per non
trovarsi ad affrontare onde di Mascaret più o meno
alte, e del forte vento che giunge all'improvviso.
Da quando ho lasciato il canale fa un breve temporale al
giorno preceduto da vento da nord di una violenza tale
da alzare onde nel fiume e dare l'impressione che cambi
direzione di corrente.
Si aggiunge poi la difficoltà di approdo sulle rive
fangose, con la marea che scende, e la distanza dei
pontili a volte molto lunga, e non tutti i pontili sono mobili.
La parte importante nella mia decisione l'ha fatta comunque l'acqua!
Veniamo ora a Bordeaux. Ho percorso a piedi tutto il
lungofiume e, a parte la superstrada che lo costeggia
da sud, le vecchie fabbriche abbandonate o in ristrutturazione
a nord, la parte centrale è in fase di recupero,
con tutti i disagi che questo comporta, visivi e logistici.
L'impressione ora come ora, se si mettono insieme i disagi di
cantiere, la riva del fiume disastrata con scheletri di un
passato industriale e commerciale che ora forse non
appartiene più tanto alla città, è pessima.
Di contro, tutti i palazzi del lungofiume meritano per
l'omogeneità dello stile ottocentesco e dei materiali;
sono tutti edifici costruiti in pietra, una pietra chiara
e friabile che verso l'ora del tramonto prende una
colorazione ambrata e calda.
Comunque, a parte queste architetture che fanno
di alcune zone centrali della città un sistema
ordinato ed omogeneo, l'aspetto generale è piuttosto
dimesso. Alcuni edifici in pietra sono stati
addirittura tinteggiati, molti sono lasciati andare, abbandonati.
Ci sono scene sulle strade che ho visto in Romania
passando per piccoli paesi, madri e figli che giocano
seduti sul portone comune di casa, sul marciapiede
con le auto in sosta davanti.
In generale l'idea è di una gran bella città,
architettonicamente parlando, ma molto sciatta
per il modo in cui la utilizzano molti abitanti.
Giusto per tornare su un argomento già trattato
sul Canal du Midi, parlerei di controcolonizzazione
che ha subito/voluto la Francia. Famiglie di colore
che, non avendo spazi, occupano i marciapiedi in
capannello con i bambini che giocano fra le auto
parcheggiate con le altre che sfrecciano in strada,
ragazzi che smontano e rimontano pezzi della propria
auto sul marciapiede, magari arrugginita ma dotata
dello stereo più potente oggi in commercio.
Un'ora di passeggiata nei quartieri bassi proprio fronte
fiume, di fronte a quegli stessi edifici che furono
certamente eretti da una classe di commercianti abbiente
o per lo meno rispettosa del luogo e volenterosa di
contribuire al decoro della città. Ora sembra tutto
dimenticato, utilizzato in modo provvisorio in attesa di chissà cosa.
Le costruzioni del centro storico di Bordeaux
Anche le nuove architetture, pur se interessanti dal
punto di vista del disegno e delle soluzioni tipologiche,
portano ad un risultato contrario a quello raggiunto
dagli edifici esistenti. Questi sono aperti su strada,
con finestre al primo piano che danno sul marciapiede;
si cammina e si vede nelle case altrui come capita sui
canali di Amsterdam.
I nuovi edifici tendono invece ad ingabbiarsi, non
farsi vedere dalla strada, come non volessero avere
rapporti con essa: inferriate, schermi metallici,
muri in cemento armato, piccoli spazi interni separati dalla strada.
Le ricostruzioni nel centro storico di Bordeaux
Sembra la contrapposizione fra una visione aperta,
positiva, comunitaria della vita di una città che vive
sul commercio, contro la necessità di appartarsi nel
proprio angolo, nascosti dalla strada come se se ne
avesse paura. Ed in effetti, in alcune strade del
centro che ho frequentato di giorno ci penserei due
volte a ritornarci di sera.
Resto comunque dell'idea che le grandi città siano
magari interessanti da vedere per le loro differenti
soluzioni architettoniche al problema dell'abitazione
e della vita in grossi agglomerati umani, ma considero
le piccole cittadine più felici nel loro invariato disegno
e nel modo di condurre l'esistenza, uno specchio di come
doveva essere una volta…a parte i ragazzotti che anche
qui cominciano a ronzare dappertutto con i loro motorini rumorosi.
Verso il tardo pomeriggio torno a Portet deciso ad interrompere la discesa in kayak.
Alla mattina presto smonto la tenda e lascio tutti i
bagagli nel kayak per poi prendere il treno in direzione Toulouse.
Jean si offre gentilmente di accompagnarmi, con la sua auto,
alla stazione. Qui incontriamo il sordomuto del temporale
dell'altroieri e chiacchieriamo ancora amabilmente ed
abilmente sui treni e sulla mia decisione di abbandonare
la Garonne, sembrava felice di ciò.
Ho deciso di tornare a prendere la macchina per
proseguire il viaggio andando almeno a vedere
i vari porti sulla Gironde.
Il pontile di Portet
Impiego tutta la mattina fra andata in treno e
ritorno in macchina a Portets per poi smontare
il kayak e, di primo pomeriggio, mettermi in
viaggio per il Medoc: terra di vini fra la Gironde e l'Oceano.
Mi vergogno un po' ad andare in giro con la macchina
con i sedili posteriori abbassati per fare posto al
kayak ed a tutte le cianfrusaglie che mi sono portato
dietro, buttate e ammassate come capita. Inoltre,
i due giorni che ho lasciato il kayak a mollo nella
fetida Garonne hanno permeato lo scafo di un certo
odore nauseabondo, misto di laguna e di marcio…confido
comunque nel bel tempo per continuare a guidare
con il tettuccio aperto!
Attraverso con qualche difficoltà Bordeaux, dove
mi perdo per un'ora buona nella tangenziale con
il suo traffico di pendolari per riuscire poi a
trovare la direzione nord verso Pauillac.
L'intenzione è quella di costeggiare il più possibile la Gironde.
La costa della Gironde con alta marea
Molto lentamente mi districo nel dedalo di tortuose
stradine secondarie del Medoc fra distese immense di
vigneti e moltissimi chateau che altro non sono che
grosse ville/castello dei produttori vinicoli. Alcuni
di questi sono dei veri e propri castelli, di forma
quadrilatera, con torrette, decorazioni e quei bellissimi
tetti in scandole di ardesia nera, con elevate pendenze,
che fanno da coronamento scuro agli edifici in pietra chiara.
Molo e costa al Port de Lamarque
Visito i porti di Macau, Lamarque e Beychevelle che non
hanno altro che un molo ed un paio di ristoranti, infine
raggiungo e mi fermo a Pauillac.
Il paese è a metà strada fra Bordeaux e l'Oceano ed
ha un grosso porto turistico con banchine mobili.
Il campeggio comunale è ottimo e posizionato proprio
sulle sponde del fiume che, trovandosi ora in alta
marea, lambisce i prati che coprono le rive, ma si
nota ancora il fango ai bordi dei piccoli canali
che si insinuano nelle campagne.
Pauillac è composto da piccole case a due/tre piani,
in pietra, disposte lungo il fiume con vie perpendicolari
leggermente in salita che portano verso il centro.
Alla sera fa un'impressione un po' squallida per la poca
gente che si vede in giro, i soli tre ristoranti aperti
ed i negozi tutti chiusi.
Prima di andare a cena in paese conosco in campeggio
un kayaker inglese e mi presento subito facendo una
bella figura. Dopo aver notato il suo kayak sulla
macchina con targa GB, mi avvicino e, vedendo un
ragazzo enorme seduto accanto ad alcuni vuoti di
birra, esordisco con un bel "hallo, do you speak
english?" che mi esce automaticamente di bocca dopo
più giorni che mi trovo in terra straniera. Lui risponde
che, certo, parla inglese e sproloquia in qualche frase
incomprensibile come per dire: "ma guarda questo stronzo,
non ha visto la targa di Sua Maestà?!". Così mi spiega
che è qui per girare i laghi che ci sono vicino al
bacino dell'Arcachon e che gli piacerebbe scendere
nella Gironda ma deve informarsi sugli orari delle maree.
Gli racconto allora i miei problemi nel discendere la
Garonne ma, da buon anglosassone, non ha fatto una piega,
giusto un accenno e si è rimesso a leggere il suo libro.
O si tratta di un gran kayaker che ha preso il mio giretto
per quello di un principiante, o è veramente un inglese purosangue.
A cena trovo un ristorante (uno dei tre del paese) appena
all'interno del lungofiume dove il figlio della padrona,
tipo strano, alto, dinoccolato ed un po' triste, mette su
musica di Sinead O'Connor, triste e cupa come immagino la
vita in questo paese.
Mi piacerebbe vederlo fuori stagione, perché mi
sembra che ora, in agosto, sia comunque un po'
spento. Non riesco proprio ad immaginare la vita qui durante l'inverno.
Il grosso vantaggio del sole che tramonta tardi, verso
le 21,00/21,30, con la luce che dura fino alle 22,00 è
però destabilizzante perché non mi rendo mai conto dell'ora
e finisco sempre a trovare supermercati chiusi e ristoranti
che mi accettano per un pelo.
Chiudo la cena con un Armagnac, anche se non sono più in
zona, e me lo servono con una zolletta di zucchero per
addolcirne l'asprezza, accorgimento che approvo.
Credo che ci sia bisogno ogni tanto di questi momenti
passati da soli in posti sperduti, o meglio, dove per
la lingua ti senti isolato dal resto del mondo, per
pensare, per approfondire meglio le differenti situazioni
che si osservano nei posti che si visitano.
Non conoscevo la Gironde, ne ho fantasticato durante la
preparazione del giro in kayak ma mai pensato a come potesse
essere veramente un estuario di un grande fiume commerciale
sull'Oceano, in balia delle maree, e come potessero vivere
i suoi abitanti. Pauillac me lo immaginavo come un paese
pieno di vita sulla Gironde, un punto di riferimento, invece
sembra un posto senza alcuna attrattiva se non quella di
avere un gran porto turistico.
Il campeggio è in una bella posizione, in riva al fiume,
separato da questo da un prato incolto ma con erba sempre
corta grazie all'azione di alcune mucche che vengono
lasciate libere di pascolare, certo oltre la recinzione.
Osservando meglio però, si nota la riva un po' paludosa,
con quei detriti riportati dalle acque e composti da un misto
di canne, foglie, contenitori di plastica e frequentati
da roditori simili alle nutrie, se non proprio topi!
Campeggio a Pauillac sulla riva della Gironde
Le giornate sono sempre più caratterizzate dalla variabilità
del tempo: nuvolo, poi sereno, poi ancora nuvolo con qualche goccia di pioggia.
Il mattino decido di spostare il campo, così smonto la tenda e mi
accordo con Jim di vederci il giorno dopo sul lago di Carcans
per fare un giro insieme.
Salgo in macchina per continuare l'esplorazione della costa della Gironde.
Pian piano, avvicinandosi alla Pointe de Grave, i vigneti si
alternano a pascoli e coltivazioni ed i paesi più grandi hanno
anche un porto, per così dire.
Si tratta di canali che collegano il paese, o il suo porto,
al fiume. Il porto è costituito semplicemente dal canale e
le imbarcazioni vengono tenute a mollo se c'è acqua, altrimenti
appoggiate morbidamente nel fango del fondale del canale con bassa marea.
La costa è comunque squallida, non ha nulla, nessuna
emergenza, piatta, fangosa e coperta di sterpaglie.
Un porto canale sulla Gironde
Mi fermo al faro di Richard per visitarlo ed ascoltare la
spiegazione in francese sulle difficoltà di navigazione
nella Gironde per le grandi navi che sono costrette a
passare in un canale largo 150 metri (sembra una enormità,
ma bisognerebbe provare a percorrerlo con navi altrettanto lunghe).
Comunque, nel passato il percorso era segnalato da numerosi
fari costruiti lungo la costa, fino al 1950 circa, quando
sono stati sostituiti da boe luminose lungo i lati del
canale, così i fari sono stati dismessi e diventati musei
dell'attività marittima della Gironde e Bordeaux e gli unici
punti panoramici in un'area piatta e senza emergenze particolari.
La Gironde vista dal faro di Richard
Giungo finalmente a Le Verdon, mi fermo al porto dove attracca
il traghetto per Royan, l'altra sponda della Gironde, ed ammiro,
inorridito dalla puzza di alghe in putrefazione, la bassa marea
e la melma depositata sulla riva almeno due metri più in basso.
Mi dirigo verso il faro e le dune che riparano il porto dal
ventoso Oceano, le supero ed ecco finalmente l'immensa distesa
d'acqua atlantica, calma nonostante il vento teso.
L'Oceano dietro a Pointe de Grave
Dall'altra parte della foce si vede Royan con spiagge e
scogliere, probabilmente la costa, da quella parte presenta
qualche interesse maggiore, mentre in mezzo all'Oceano,
guardando a nord-ovest si intravede il faro di Cordouan a
segnalazione di una grossa secca in mezzo all'acqua.
Dopo un pranzo al sacco sulle dune riparto per Soulac s. Mer,
una specie di Rimini oceanica con famiglie sparse sulla spiaggia,
edifici vecchi e nuovi fronte oceano strapieni di gente, poi,
ogni tanto, sulle dune alle spalle della spiaggia ed addirittura
fra le case spunta una colata di cemento, sembrano panettoni
di calcestruzzo…sono i bunker della Seconda Guerra Mondiale.
Le alte dune di Amelie s. Mer fronteggiano l'Oceano difendendo
da marosi e venti i boschi retrostanti.
Fino a Montalivet les Bains, sulla spiaggia, ci sono
parecchi bunker lasciati a monito della guerra; alcuni
sulle dune ed altri, come grossi scogli, in mezzo al
mare o sul bagnasciuga.
Da Montalivet comincia una vera e propria foresta di
pini che continua lungo tutta la costa fino ai due grandi
laghi, di Carcans e di Lacanau. La foresta è riparata
dall'Oceano da grosse dune di sabbia formatesi dalla
spiaggia, larga e sabbiosa che, come un lungo ed unico
nastro dorato, si spinge fino al bacino di Arcachon ed
oltre, ininterrotta.
Non essendo l'Oceano, almeno in questo punto, un mare
dove si possa fare il bagno come intendiamo noi mediterranei,
a causa di forti correnti anche sotto costa, le persone
in acqua si fermano vicino a riva a prendere le grandi
onde o le surfano, per cui si vedono tante persone in
piedi, nello stesso punto, che saltano quando arriva
l'onda, come fossero in un club mediterranee ad una
lezione di acqua-gym.
Come si vede nei film americani, sono sempre presenti
guardiaspiaggia su punti sopraelevati, con speciali
mezzi motorizzati per correre sulla spiaggia e
redarguire i surfisti più indisciplinati, ed elicotteri
che vanno avanti e indietro nel cielo.
Le strade che corrono lungo la costa e poi all'interno,
per raggiungere i laghi, costeggiano queste vere e
proprie foreste di conifere, enormi ed altissime,
completate da una rete incredibile di piste ciclabili
che partono da Verdon s. Mer.
Seduto ad un bar in uno di questi villaggi sull'Oceano,
assisto ad una certa ora ad una migrazione vera e
propria di gente che torna dalla spiaggia, una fiumana
di persone che cammina, corre, in bicicletta, in moto,
in macchina. Questo è dovuta al fatto che, per rispetto
della foresta, pochi sono gli accessi alla spiaggia,
per cui si creano veri e propri imbottigliamenti al
mattino ed alla sera.
Accedendo alla spiaggia si passa attraverso una specie
di varco che taglia la grossa duna costiera alta decine
di metri, si vede quindi la spiaggia larghissima a destra
e sinistra con tutta la gente piazzata in corrispondenza
dell'accesso, tutti stipati nel caratteristico stile
comportamentale dell'essere umano che tende
all'agglomerazione globale.
Date a cento persone una spiaggia enorme e spaziosa
e le vedrete raggrumarsi in poco spazio, a poca
distanza gli uni dagli altri, proprio al limite
dello spazio fisico privato oltre al quale scatta
la sensazione di fastidio ed il bisogno di spostarsi
più in là; poi comunque molta gente ha ormai questi
spazi limite quasi azzerati!
Verso sera giungo in prossimità dei due grandi
laghi di Carcans e di Lacanau e decido di fermarmi
in un campeggio a le Pouch, piccola località fra i due bacini.
Il mattino, in attesa dell'appuntamento preso ieri
con Jim sul lago di Carcans, decido di provare a
raggiungere il lago di Lacanau attraverso il canale
che unisce i due laghi.
Il campeggio si trova molto vicino, così mi sposto
in macchina, monto il kayak in un piccolo porto
sul lago e mi dirigo verso il canale di giunzione.
Sul lago soffia un bel vento da nord che si placa del
tutto appena mi inoltro nel canale, facendo aumentare
anche il senso di calore.
Molte barche sono ormeggiate lungo la riva in posti
numerati e, non appena passato sotto il ponte della
strada carrabile, si placano tutti quei rumori
caratteristici del lago frequentato d'estate da una moltitudine di persone.
Poco più avanti una chiusa automatica mi costringe
ad un trasbordo (evitabile dotandosi del fatidico
gettone che non saprei dove trovare) piuttosto arduo,
su rive un poco franose ed alte.
Rimetto il kayak in acqua e ricomincio a pagaiare
quando mi punge un insetto che ritengo piuttosto
grossino, dato il dolore della puntura e il
gonfiore che cresce sulla schiena. Sul momento
non ci faccio caso e proseguo, ritenendolo un
incidente normale su un percorso di acque stagnanti.
Non percorro che pochi metri quando vengo assalito da una
decina di tafani che non riesco a tenere a distanza.
Oltretutto dover interrompere la pagaiata per darsi
manate sul corpo rende l'avanzata penosa e stancante.
Riempio presto di cadaverini il pozzetto e la coperta
del kayak pur continuando a subire attacchi da tutte
le parti, nemmeno il sedere è al sicuro, un tafano
rimane schiacciato dalla natica sinistra durante un
tentativo di attacco.
Mi rendo conto che il connubio mancanza di vento,
acqua stagnante e caldo ha creato le condizioni
ideali per il proliferare di insetti di ogni genere,
fra cui i tafani sono quelli più fastidiosi.
Non potendo tenere una pagaiata costante e sudando
come fossi in un bagno turco decido di fare marcia
indietro e tornare al lago rimpiangendo il vento
teso che vi ho lasciato.
Sopraggiunge una compagnia di due canoe canadesi
portate da una famigliola completa di bambini che
si sbracciano per tentare di tenere lontani i
fastidiosi insetti. Cerco di indicargli anche
a gesti che la situazione peggiora più avanti
ma decidono comunque di continuare. Non sapendo
come fargli capire nella loro lingua che i
bambini rischiano di essere divorati dagli
insetti gli indico i numerosi bubboni sul
corpo ma decidono comunque di continuare.
Giungo alla fine del canale e sto per immettermi
nel lago aperto per una tranquilla pagaiata con
venticello che mi asciuga velocemente il sudore
quando vedo una canoa conosciuta all'orizzonte
e riconosco l'inglese.
Ci scambiamo i saluti nella sua lingua (lui
parla anche francese ma io preferisco a questo
punto continuare con l'inglese) e, dopo esserci
osservati a vicenda i rispettivi kayak,
decidiamo di intraprendere l'attraversata
del lago verso nord con un vento teso da nord-ovest.
Jim sulla Klepper al lago d'Hourtin-Carcans
Il lago è frequentatissimo da barche
a vela, wind surf e kayak a noleggio per
cui dobbiamo fare spesso attenzione agli
incroci con altre imbarcazioni più veloci
ma non sempre ben accorte.
Mentre Jim avanza bene con il suo kayak
rigido d cinque metri con timone, io arranco
un poco con il mio tre e ottanta senza
timone e con un vento di traverso che
mi costringe a sforzare maggiormente un
braccio.
Ogni tanto facciamo qualche sosta per
rifornirci di calorie, Jim con barrette
energetiche preconfezionate ed io con
gustosi croissant al cioccolato.
Giungiamo infine a Hourtin Port dove Jim
ha lasciato l'auto stamattina per raggiungermi
nella zona sud del lago. Sbarchiamo e
gli chiedo un passaggio per raggiungere
la macchina evitando altri 14 km. di ritorno
in kayak.
Durante il tragitto ci mettiamo d'accordo
di trovarci dopo cena in un bar e discutere
sulla possibilità di imbarcarci nella
Gironde il giorno dopo.
Faccio appena in tempo a recuperare il
kayak, tornare in campeggio, fare una
bella doccia calda e mangiare qualcosa,
per poi riprendere l'auto e trovarmi all'appuntamento
a Hourtin, a metà strada fra il mio campeggio
ed il suo.
Davanti a due birrette cominciamo a guardare
la cartina che ho portato per considerare
il chilometraggio percorribile e la meta
da raggiungere l'indomani. Jim ha intanto
preso informazioni sulle maree e decidiamo
di partire il mattino presto in quanto
l'alta marea ha il suo culmine alle nove.
Percorreremo un tratto di circa 45 chilometri
da Pauillac a le Verdon approfittando
delle sette ore di favore di marea che
ci aumenterà sicuramente la media di percorrenza.
Parliamo un po' di noi ed apprendo che
Jim è insegnante di religione (Chiesa
Romana Cattolica come precisa) ed è un
patito di sport fra cui kayak, bicicletta
e corsa con giri di più giorni portandosi
dietro cibo disidratato e molta acqua
per farlo rinvenire, capisco ora la passione
per le barrette confezionate di cui riempie
la coperta del kayak.
Avevo già avuto l'impressione di avere
a che fare con un maniaco sportivo quando
ho visto la sua tenda, un enorme igloo,
e quando dico enorme intendo una tenda
con portico, stanza da letto separata,
zona cucina e retrotenda con…trespolo
portabici ed una quantità incredibile
di provviste, oltre a casse intere di
birra ed un mastello, come quelli che
si usano per fare il bucato, pieno d'acqua
fresca e bottigliette di birra a mollo.
Dopo altre due birre ci salutiamo e raggiungiamo
i campeggi.
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