8 Agosto - 22 km. - 6 chiuse.
Grazie alle informazioni prese la sera
prima, facciamo una bella e buona colazione
a buffet al Logis de France (insomma d’accordo
la vita spartana all’aria aperta,
ma quando si puo’…).
Riprendiamo la navigazione, durante la
quale mi viene da pensare alle tipologie
di persone che decidono di affrontare
un periodo piu’ o meno lungo su
un’imbarcazione sul canale.
Le famiglie si dividono fra quelle con
figli in giovane eta’ che si divertono
e quelle con adolescenti dalle facce lunghe
come fossero stati costretti a salire
in barca.
I papa’ si divertono, tornano bambini
guidando le loro barche come autoscontri
(le imbarcazioni a noleggio hanno tante
bande paraurti in gomma e tanti parabordi
che le rendono delle masse rmbalzanti
sulle rive e lungo le sponde in pietra
delle chiuse) o riversano la socioanalitica
uguaglianza “automobile potente
= potenza sessuale” nella meno seria
“barcone sempre piu’ grosso
ed ingombrante = frustrazione da limite
di velocita’”.
Le mamme sono di tre tipi: quelle tranquille,
sedute a leggere in coperta ed incuranti
delle manovre della famiglia alle chiuse,
quelle che se la barca non risplende come
il soggiorno di casa non sono contente
e quelle, finalmente! le sportive, che
saltano da una parte all’altra delle
chiuse per legare qua, controllare la’,
rispondere in malo modo al marito intento
a capire se e’ meglio ora muoversi
avanti o indietro, a destra o sinistra.
Molte sono le persone di mezza eta’
ed oltre, i mariti perennemente incastrati
nelle loro poltrone di comando e le mogli
perennemente ai fornelli.
Poche le compagnie di ragazzi, forse per
la scarsa vita che si incontra nei paesi
attraversati, forse spaventati anche dal
costo dei noleggi.
Pochissimi, anzi solo noi, i ragazzi quarantenni,
sportivi della domenica, che si buttano
in qualcosa piu’ grande delle loro
ancora buone possibilita’ motorie,
conducendo un kayak, di cinque metri ed
oltre, il piu’ lontano possibile
dal punto di partenza prescelto.
Attraversiamo Trebes senza fermarci per
vedere di accorciare un po’ la tappa
che vogliamo concludere a Carcassonne
per riposarci una notte in albergo.
Ad un certo punto vediamo galleggiare
a prua quella che ci sembra riconoscere
come una bottiglia di vino tappata contenente
qualcosa. Di colpo ci vengono in mente
immagini fantasiose di naufraghi salvati
da messaggi spediti via mare dentro
bottiglie come questa e pensiamo chi
possa essere naufragato durante una
tempesta sul Canale con onde alte fino
a cinquanta centimetri e pesci d’acqua
dolce voraci come pescecani che si lanciano
all’inseguimento dei poveri marinai
caduti in acqua e sopravvissuti alla
sua tossicita’.
Il ritrovamento del messaggio in bottiglia
Raccogliamo la bottiglia, vediamo con
sorpresa che all’interno si trova
un pezzo di carta arrotolato contenente
un possibile messaggio, la riponiamo
nel kayak e… ce la dimentichiamo
per un giorno e mezzo, fino a quando
ce la ritroviamo fra i piedi e decidiamo
di ributtarla nel canale.
Sembra un gesto sconsiderato, magari
qualcuno aveva effettivamente bisogno
di aiuto, o magari si trattava solo
dello sfogo di qualche poeta, ma ci
siamo detti che sarebbe stato piu’
giusto che, qualsiasi messaggio ci fosse
scritto, potesse giungere pian piano
al mare dove qualcun altro avrebbe potuto
raccoglierlo per fargli finalmente compiere
il suo destino.
Giungiamo alla chiusa di Villedubert
durante l’orario del pranzo e,
non avendo voglia di trasbordare con
questo vento caldo, decidiamo di attendere
pranzando con le provviste che ci rimangono.
Cosi’ prendiamo i sacchetti del
cibo e ci accomodiamo su due bei sedili
intagliati in un tronco per dividerci
una scatoletta di pate’ di maiale,
molto leggero, pistacchi, alcune fette
di pane al miele, il tutto innaffiato
da un ottimo Pernod.
Pranzo alla chiusa di Villedoubert
Giunti a Carcassonne completamente rincoglioniti
dal caldo e dalla fatica (la mancanza
di allenamento costante durante l’anno
si fa sentire), parcheggiamo appena
prima della chiusa del porto canale,
di fronte alla stazione ferroviaria.
Le sponde sono attrezzatissime con banchina
in legno su cui camminare a piedi nudi
e’ un gran piacere, panchine ombreggiate
su prati verdi all’inglese (oops!…alla
francese) e numerosi punti di ancoraggio
dove legare il kayak.
Pensavo che durante il percorso di avvicinamento
alla citta’ si potesse scorgere
la cittadella medievale ma poi scopro
sulla carta che il canale fa tutt’altro
giro e scorre sempre nascosto dagli
edifici della citta’ nuova.
Tutti gli alberghetti di cui Massimo
aveva gli indirizzi sono completi cosi’
ci ritiriamo in un hotel proprio sulla
chiusa, con vista sul canale (naturalmente
la stanza piu’ economica si affaccia
invece sul retro, su una tipica stradina
nascosta stile quartiere popolare di
Marsiglia con biancheria alle finestre
compresa).
Non fidandoci di lasciare il kayak sul
canale o nel porto canale di questa
“grande citta’” decidiamo
di chiedere un posto moto nel garage
dell’hotel, riuscendo persino
ad avere un posto auto. Il difficile
e’ stato piu’ che altro
riuscire a portare il kayak sul carrellino
lungo il marciapiede e lungo circa duecento
metri di strada, percorsa in contromano,
raggiunta attraversando sulle strisce
ad un incrocio. Comunque il kayak e’
parcheggiato e cio’ ci rende piu’
tranquilli.
Giunti in camera, niente riposo, gran
doccia, gran bucato (tanto, panni alle
finestre ce ne sono anche gia’
abbastanza) e via verso la visita alla
citta’ medievale.
Dal punto in cui siamo dobbiamo attraversare
la Carcassonne nuova.
Queste medie citta’ francesi pagano
lo scotto della grande apertura all’immigrazione.
La citta’ e’ polverosa,
mezza abbandonata e frequentata da brutta
gente, giovani arricchiti dalla pelle
olivastra (non abbronzati, colore naturale)
con braccialetti, collanine d’oro
e macchinone cabriolet.
Sembra quasi una sorta di conquista
degli spazi che i francesi avevano una
volta, una sorta di colonizzazione al
contrario.
Per ritrovare i francesi/francesi conviene
frequentare i piccoli centri dove il
duro lavoro dei campi ha trattenuto
i vecchi proprietari terrieri e fatto
fuggire le masse di immigrati e giovani
che si trovano meglio ad aprire un piccolo
ristorante o chissa’ cosa che
possa attirare il turista.
La citta’ fortificata e’
una vera bellezza vista da lontano con
le sue mura, le torri merlate, in gran
parte rifatti nella seconda meta’
dell’800 dall’architetto
Viollet le Duc che andrebbe ringraziato
(nonostante molte polemiche sono state
sollevate su un tale intervento ricostruttivo)
per averci lasciato un capolavoro medievale
incredibile.
La cittadella medievale di Carcassonne
Quindi una cittadella rifatta, ma comunque
conservata presumibilmente come doveva
apparire.
Il capolavoro pero’ si rivela,
appena entrati da una delle porte, una
sorta di casino’ per turisti.
Gadgets, magliette, cazzate, locali
a profusione tanto da intasare le piazzette
con tavolini, sedie, ombrelloni, bambini
senza guinzaglio, seggiolini e carrozzine.
Non mi meraviglierei se tutti i negozianti
vestissero tuniche di canapa e cuffie
di lino in simil stile medievale, ma
cosi’ non e’. Invece, gli
scaltri commercianti non si fanno neanche
vedere, nascosti nel retro dei negozi,
sguinzagliando ragazzine provocanti
acchiappa turisti.
Insomma, a Carcassonne ci si rifa’
gli occhi avvicinandosi alla citta’
e…anche all’interno.
La cittadella medievale di Carcassonne
Continua l’ondata di caldo mostruosa
che possiamo finalmente affrontare con
una bella doccia prima di andare a dormire
ed una, domani mattina, prima di ripartire.
Tornando in albergo ci fermiamo per
due panache’ in una bella piazza
alberata circondata su due lati da cafe’
con tavolini sul marciapiede e sulla
piazza occupandone gran parte. Mi viene
un paragone con le piazze quadrate di
Patrasso, il maggior porto turistico
di sbarco provenendo dall’Italia,
delimitate dalla strada e con i tavolini
sulla piazza lastricata perimetrata
da alberature.